Alessio
Gianardi

1983, La Spezia

Nasce a La Spezia nel 1983.

Ha studiato chitarra classica presso il Conservatorio “Giacomo Puccini” di La Spezia e Nuove Tecnologie dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Attualmente frequenta il Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea della Fondazione Fotografia di Modena.

A Manarola, paese in cui vive, è tra i fondatori del Collettivo Parisse, un organismo che promuove attraverso attività laboratoriali gli insegnamenti di Anselmo Crovara, custode dell’Archivio della Memoria di Manarola.

Ha collaborato con il CAMeC – Centro d’Arte Moderna e Contemporanea della Spezia e la galleria “Il Gabbiano” della Spezia.

Nella sua ricerca il prodotto artistico è la sintesi, la manifestazione e la testimonianza di un processo che ha come denominatori i materiali e la sperimentazione. Il risultato diventa la prova fisica della complessità del reale semplificato, reso intellegibile, elementare.

 TESTIMONE (2016)

In architettura ogni finestra era la finestra e dell’artista e di un uomo qualsiasi, la finestra delle lettere infantili: «Dimmi cosa vedi dalla tua finestra ecc.». In realtà rimaneva solo un’apertura eguale, in ogni caso, fosse quella che si apriva sul natio borgo selvaggio o qualsiasi apertura da cui sporgersi. La bara e la finestra rappresentano storie incredibili ma dal punto di vista costruttivo si somigliano. E il palazzo e tutto perdeva un evento che era già successo, da qualche parte qui o altrove.

Aldo Rossi, Autobiografia Scientifica, 1990 ed. Il Saggiatore

“Osteologia” è un termine molto ricorrente negli scritti di Aldo Rossi: non è usato nella sua accezione assoluta ma declinato e riferito all’architettura, la sua.

Osteologica è la spina che, nel suo progetto per il cimitero di San Cataldo a Modena (1971 – 1978), va a collegare il cono della ciminiera al cubo dell’ossario, fondamentale come la lisca per un pesce. L’ossario stesso è investito della stessa radice etimologica; il quadrato è il modulo costruttivo di questa architettura: una forma essenziale, osteologica.

La realizzazione di un’impronta cianotipica da un’apertura dell’ossario di San Cataldo è testimonianza dell’architettura mediante un processo fotografico a contatto diretto con la costruzione. In questo modo la sua riproduzione è in scala 1:1, in quanto il segno sotteso costituisce proprio quell’apertura suscitando la lecita ambiguità di cosa realmente la luce ha impresso, se l’architettura o ciò che vi passa attraverso.

QUI A DEUX FEMMES PERD SON ÂME, QUI A DEUX MAISON PERD SA RAISON ** (2015)

Conoscere significa ricordare

Così Platone afferma parlando della reminiscenza: la consapevolezza e la comprensione delle informazioni non hanno nulla a che fare con l’empirismo bensì con l’esperienza sensibile. Sono i sensi che ricordano le idee quali forme universali con cui è stato plasmato il mondo e che ci permettono di conoscerlo. É attraverso questo processo che riusciamo a trovare la somiglianza con qualcosa di familiare, di caro.

I tempi di gestazione sono lenti: la maturazione delle idee e l’assimilazione dei contenuti portano in superficie le cose importanti, essenziali, di cui non possiamo più fare a meno. Ci si innamora e questo è quanto più di profondo nell’uomo e, in quanto esseri umani, in assenza di ciò che si ama è facile imbattersi in qualcosa che ci riporti a casa, provando col tempo lo stesso amore che si prova per il soggetto originale.

In questo allestimento il blocco, inteso come contenitore di idea, è la concretizzazione della volontà e l’impiego del desiderio di incorporare in un unico modulo due immagini distanti, vicine solo tramite il pensiero: l’elementarità delle forme del lichene su una roccia trova la sua stilizzazione nei chewing-gum in un ambiente urbano. La costruzione modulare divide e identifica i due contesti spaziali, spontaneamente inconciliabili.

Qual è il simulacro, quale la copia? Qual è l’amore, quale l’amante?
A chi si è fedeli?

Qui a deux femmes perd son âme, qui a deux maisons perd sa raison (in italiano, Chi ha due donne perde l’anima, chi ha due case perde il senno) è un finto proverbio popolare ispirato a Chrètien De Troys, tratto da “Les nuits de la plein lune” di Eric Rohmer, 1984.

Opere

Alessio Gianardi, Testimone, 2016, cianotipo su telo di cotone
Alessio Gianardi, Qui a deux femmes perd son âme, qui a deux maison perd sa raison, 2015, installazione: stampa alla gelatina al bromuro d’argento su calcestruzzo aerato autoclavato
Alessio Gianardi, Qui a deux femmes perd son âme, qui a deux maison perd sa raison, 2015, particolare dell’installazione: stampa alla gelatina al bromuro d’argento su calcestruzzo aerato autoclavato
Alessio Gianardi, Qui a deux femmes perd son âme, qui a deux maison perd sa raison, 2015, installazione: stampa alla gelatina al bromuro d’argento su calcestruzzo aerato autoclavato